Intervista a Daniele Barbone, un giovane imprenditore che sta seguendo le orme di Marco Polo in Cina


Il 28 luglio scorso ho pubblicato un breve post su Daniele Barbone, un giovane imprenditore che assomiglia vagamente a Bill Gates. Avevo letto un articolo su di un quotidiano in cui si parlava di Daniele e della sua azienda, la Bp Sec, fondata nel 2006 a Magnago, alle porte di Milano.

Mi aveva colpito come l’azienda di questo ragazzo, pur essendo molto giovane, fatturasse già qualcosa come un milione e mezzo l’anno di euro, ed era considerata un partner privilegiato dalle Istituzioni Cinesi per la ricerca di imprese italiane ed europee capaci di investire in Cina e far crescere velocemente il paese asiatico anche nel settore delle energie rinnovabili e delle tecnologie per l’ambiente.

Daniele deve aver letto il mio articolo e mi ha inviato un’email in cui mi ringraziava. Siamo subito entrati in empatia ed abbiamo così costruito un’amicizia seppure via email.

Ma siccome l’argomento “Cina” mi affascinava molto, ho pensato di chiedere a Daniele se era disposto a rispondere a qualche mia domanda, costruendo così una piccola intervista online. Non soltanto Daniele è stato disponibilissimo, ma nonostante i Suoi molteplici impegni ha trovato il tempo per rispondere a tutte le mie domande.

Di seguito trovi la mia intervista a Daniele Barbone, Ti consiglio di leggerla tutta e con molta attenzione. Soprattutto se sei interessato all’immenso mercato potenziale Cinese.

A Daniele il mio sincero grazie e il mio personalissimo “In Bocca al Lupo” per la Sua attività imprenditoriale. Molte cose mi accomunano a Daniele, soprattutto questa voglia di mettersi in gioco e di essere tenace. Sono certo che questo ragazzo farà molto parlare di sé.

Giancarlo Fornei
Formatore Motivazionale & Mental Coach

L’intervista a Daniele Barbone

Domanda. Sei molto giovane e nonostante tutto trasmetti la sicurezza di un imprenditore ormai navigato, da quanto tempo lo fai e come hai cominciato?

Risposta. Complessivamente lavoro ormai da una quindicina d’anni in cui all’inizio ho coniugato lavoro e studio e poi mi sono concentrato sul fronte lavorativo con grande passione. Non esisteva un disegno preordinato su cosa esattamente avrei voluto raggiungere se non la ferma volontà di fare un lavoro che veramente mi piacesse e di farlo con il massimo dell’impegno ed a livelli di eccellenza.


Per questo quando otto anni addietro lavoravo presso la pubblica amministrazione e mi è occorsa l’opportunità di passare a lavorare come manager nel settore privato ho accettato. Non è stata una scelta facile ma ero sicuro che avevo le carte in regola per potermela giocare.


Analogamente quando da dirigente nel settore privato tre anni fa, ho capito che avevo le capacità e l’occasione per aprire un’attività di cui essere io il protagonista anche dal punto di vista imprenditoriale, ho lasciato la banchina e ho messo in acqua la barca e sono partito con un gruppo di amici e soci che oggi condivide con me i risultati che stiamo producendo. Quello che ottengo adesso e ciò che otterrò in futuro, nasce da questo modo di pormi ed è anche quanto chiedo a chi lavora con me.

Domanda. Come mai proprio la Cina, da dove è nata l’idea di sviluppare affari con quel mercato asiatico?

Risposta. La Cina è nata come interesse generale nell’esperienza professionale precedente. La nostra era un’azienda di servizi tecnici e avevo intuito che molti nostri clienti mano a mano stavano chiudendo in Italia per la concorrenza spietata delle aziende del far east. Chi non chiudeva stava esternalizzando i cicli produttivi in quei paesi e l’idea è stata quella di seguire il business dove il business stava andando.


Prima in modo embrionale e da quando sono imprenditore in prima persona, in modo assai strutturato ho così deciso di aprire una sede in Cina per seguire quel mercato da vicino, studiarlo, capirlo, seguirlo nei suoi passi che si susseguono ad un ritmo per noi Europei incredibile. Ho dedicato molto tempo e molte energie a capire esattamente come funziona il gigante asiatico e ancora oggi ne scorgo aspetti sempre nuovi e sempre interessanti.

Domanda. Quali sono i problemi principali che hai incontrato come imprenditore Italiano in Cina?

Risposta. Come dicevo credo nella necessità di coniugare il business con un approccio molto culturale. La visione del mondo dei Cinesi è differente dalla nostra. Personalmente cerco di non cadere nel facile tranello di esprimere giudizi sulla base delle griglie di valori occidentali e cerco anche di non dimenticare chi sono e dove sono nato. E’ un esercizio assai difficile in quanto la tentazione di usare le categorie figlie del nostro vissuto per interpretare le dinamiche sociali e politiche di quel paese porterebbe a commettere errori di difficile risoluzione.


Questo è il primo livello di difficoltà che include senza dubbio tutti gli altri. In quelli che discendono da questa prima considerazione possiamo far rientrare senza dubbio i problemi legati alle diverse tecniche negoziali, alla gestione del personale, alle pubbliche relazioni, al rapporto con la burocrazia locale, alle problematiche connesse ad una logistica complessa, al tema della tutela della proprietà intellettuale e molti altri.


Se si cerca di affrontare questi problemi usando chiavi di lettura nostrane si prendono delle sonore lezioni dal mercato cinese, se invece si approccia sposando senza limiti il metodo di lavoro locale si perde di vista il fine per cui si opera e si spendono energie infinite. Occorre, secondo me, un atteggiamento assai equilibrato, preparato e consapevole del contesto nel quale si opera.

Domanda. Vista la Tua esperienza diretta, quante possibilità ha il mercato Cinese di essere la nuova locomotiva dell’economica mondiale al posto degli Stati Uniti?

Risposta. I fatti di questi giorni sono molto chiari, quello che è successo a Wall Street e che ha poi coinvolto il mondo intero non sarà senza conseguenze per nessuno, cinesi inclusi. Restano almeno tre aspetti che fanno pensare ad un prossimo possibile superamento dell’economia cinese su quella USA.

Primo: l’economia cinese è fondamentalmente un’economia reale. E’ fondata in modo pesante sulla capacità produttiva ed è produttrice di beni per tutto il pianeta nella misura di oltre la metà. Il ritorno ad un’economia “più reale e meno finanziaria” di sicuro avvantaggia chi da tempo su questa ha fondato le sue fortune. La bolla immobiliare, che pure in Cina si è vista in questi anni, sgonfiandosi farà del bene a quell’economia così come l’abbassamento dei prezzi delle materie prime possono dare ulteriore ossigeno a quel mercato e rilanciare anche i consumi interni.

Secondo: la Cina detiene (unitamente al Giappone) la più parte del debito degli Stati Uniti. E’ ben evidente che ora spetta alla Cina decidere cosa farne, se trasformarlo in investimenti in aziende made in USA o se gestirlo in modo differente.

Terzo: le attuali teorie riemergenti di stampo Keynesiano (è una forzatura ma confido che con un po’ di buona volontà me la si passi) in cui la mano pubblica pilota e regola il mercato, viste dalla Cina sono assolutamente quanto di più naturale esista in quel paese. L’economia socialista di libero mercato (chiaramente diversa da quella Keynesiana) è comunque già impostata secondo i nuovi standard che sembrano prendere piede a livello internazionale.

Domanda. Su quali settori consigli di puntare per fare business con i Cinesi?

Risposta. Credo che la Cina sia un’ottima occasione di business per molti dei settori trainanti dell’economia del nostro paese. Se dovessi indicarne alcuni non convenzionali ed uscire dai classici nostrani (meccanica, tessile ecc.) direi Alimentare, Tecnologie per l’ambiente, Information technology.


Alimentare perché i prodotti italiani sono considerati come molto appetibili in Cina ma paradossalmente i cinesi non sanno che sono italiani (es. la Pizza e il caffè sono considerati americani). Siamo dunque molto indietro e avendo molte frecce da spendere, seppure tra mille problemi (dimensioni produttive, logistica, cultura, dazi, accordi bilaterali) credo che sia un settore vincente.


Tecnologie per l’ambiente, perché in Italia il settore ha orami quasi trent’anni di storia, e abbiamo sicuramente costruito un bagaglio di competenze di primo piano da spendere su un mercato che seppure indietro, ha la consapevolezza di necessitare di tecnologie e know-how.


I settori avanzati dell’informatica, siano essi sul fronte dei software che dell’hardware possono trovare un mercato b2b (più immediato) e b2c (prossimo) di sicuro interesse; si tratta di portare idee evolute e di non credere che ci si trovi di fronte a sprovveduti.

Domanda. Dai tre consigli ai giovani imprenditori che vogliano seguire la Tua strada ed avventurarsi nel mercato Cinese. Quali sarebbero?

Risposta. Primo, come dicevo pocanzi si devono superare le idee preconcette e partire come se di quel paese non si sapesse nulla.


Secondo, avere una grande voglia di fare, quella che ha caratterizzato l’Italia del primo dopoguerra, e prepararsi ad una competizione durissima e darwiniana.


Terzo, studiare qualsiasi cosa capiti per le mani sul far east, non accontentarsi della superficialità, andare oltre e dedicare del tempo per viverla, evitando le città come Shanghai e Pechino che sono troppo simili a New York e a Roma.

Fosse anche solo un mese d’estate occorre girare per la Cina, vivere con i cinesi e farsi delle idee proprie su un paese tanto grande e variegato al suo interno.

Domanda. Infine, una domanda che m’interessa personalmente, dato che scrivo molto: credi che in Cina possa esserci mercato per gli infoprodotti (i famosi ebook)? Se si, quali caratteristiche dovrebbero avere?

Risposta. I Cinesi sono divoratori di informazione in tutte le modalità e con tutti i supporti. Negli aeroporti e nelle metropolitane si vedono file di cinesi che guardano monitor che propongono loro corsi di qualsiasi cosa (cucina, management ecc.). I libri cartacei costano pochissimo, i giornali e le riviste sono alla portata di tutti. Il fattore prezzo e la barriera linguistica è il problema principale se si ha interesse per il b2c poi occorre proporre contenuti che soddisfino la grande voglia di conoscere e di apprendere che, soprattutto nelle giovani generazioni, è assai diffusa.

Commenti

Ano Nimo ha detto…
Vabbè uno che fa l'imprenditore che di cognome fa "Barbone" ha già vinto in partenza :D
Giancarlo Fornei ha detto…
Tu ironizzi sul suo cognome, ma posso garantirti che Daniele è veramente un grande...